Molti l’hanno ribattezzata come “la domenica più surreale di Palermo”. Iniziata con l’apertura dei seggi, proseguita con la fuga di massa dei presidenti di seggio e conclusa poi con la festa per la promozione del Palermo Calcio in Serie B mentre, all’interno delle scuole allestite per il voto, si tenevano le ultime operazioni elettorali.
Ma a fare il giro dei media è stata senza dubbio la notizia della mancanza di presidenti di seggio e di scrutatori. Centinaia di cittadini si sono ritrovati in fila nelle proprie sezioni, senza avere davanti qualcuno che potesse consegnare loro le schede. Subito si è insediato il sospetto di una connessione tra la mancanza di scrutatori e la partita del Palermo in serata. Si è scritto in giro che chi ha disertato lo ha fatto per poter essere presente allo stadio.
Ma è tutto da verificare, ci sono inchieste in merito. Non è detto che tutti i presidenti di seggio disertori fossero al Renzo Barbera al fischio d’inizio della finale playoff. E poi, ad ogni modo, perché eventualmente avvisare soltanto poche ore prima dell’apertura dei seggi quando da almeno dieci giorni era ben nota la coincidenza tra la data delle amministrative e quella della partita? Domande appunto a cui risponderanno poi gli inquirenti.
A livello politico, il dato è un altro. E cioè che a Palermo ieri non sono mancati solo gli scrutatori, bensì sono mancati proprio gli elettori. Molti presidenti di seggio hanno disertato, ma lo hanno fatto la maggior parte anche di chi era chiamato a recarsi alle urne non per lavoro ma solo per mettere la fatidica crocetta sulla scheda.
I dati in tal senso parlano chiaro: hanno votato ieri, secondo quanto comunicato dall’assessorato regionale agli Enti Locali della Regione Siciliana, 227.681 palermitani su 544.486 registrati nelle liste elettorali. Vale a dire che soltanto il 41% dei cittadini si è recato alle urne, mentre il 59% si è rimasto a casa oppure ha preferito aspettare l’orario giusto per prendere il 101 ed essere lasciato in Viale del Fante per entrare allo stadio.
I palermitani ieri, semplicemente, di elezioni non ne ha voluto sapere. Hanno fatto bene? Hanno fatto male? L’impressione è che di mezzo non c’è questa volta la classica diatriba sugli stereotipi secondo cui il popolo preferisce il pallone alle schede elettorali, alla politica e alle cose generalmente considerate “più serie”. C’è qualcosa di diverso e, probabilmente, più profondo.
Il fatto è che ieri la città ha voluto proprio staccare la spina. Una promozione in Serie B è percepita come una festa liberatoria, in grado di accomunare tutti e di regalare un po’ di spensieratezza dopo due anni di pandemia e problemi vari. Un’elezione amministrativa è, al contrario, percepita come un qualcosa di “lontano”, un mero rituale da cui prendere, se possibile, le distanze. Un qualcosa che ha stancato e che continuerà a stancare in futuro, immeritevole di serie attenzioni.
La mancanza di elettori ai seggi è ancora più grave della mancanza di scrutatori. Perché ancora una volta, ha reso palese la crisi della democrazia per come conosciuta nel secondo dopoguerra. Se non si comprende questo, ogni altra analisi è mero esercizio di retorica. La gente, a Palermo come altrove, è stanca. Ha la nausea di partiti, simboli, dichiarazioni, rimpasti, nuovi governi, ecc. E ora che non c’è più nemmeno l’antipolitica, diventata essa stessa politica, l’apatia e l’indifferenza verso il voto da qui in avanti saranno gli elementi con cui si rischierà di drogare la democrazia.
Chi ieri a Palermo non è andato al voto e nemmeno allo stadio, ha preferito fare altro. Passeggiare con la propria famiglia, prendere un aperitivo con amici al Foro Italico, godere delle tante ore di sole donate da madre natura in questa seconda domenica di giugno. E come biasimare in tal senso i palermitani?