In queste settimane stiamo assistendo senza sosta ad analisi di ogni tipo sull’andamento del conflitto armato tra Russia e Ucraina. I mezzi di comunicazione ci propongono costantemente ipotesi, valutazioni e possibili scenari tramite mappe dell’assalto sempre aggiornate. La geopolitica è diventata improvvisamente uno degli interessi preferiti, trasferendo improvvisamente le conversazioni al bar dalle questioni sanitarie al tema della guerra vicino casa nostra.
Un clima del genere mi ha fatto tornare con la mente indietro nel tempo, quando durante l’infanzia ci si sfidava tra amici con i giochi in scatola: Risiko Più mi è sembrato quello che rispecchia maggiormente la situazione surreale in cui ci siamo ritrovati tutti quanti dallo scorso 24 febbraio. Si tratta di un gioco di strategia militare il cui scopo è quello di occupare altri imperi rispetto al proprio, agendo su abilità tattiche, rapidità e fortuna. L’obiettivo sarebbe, appunto, quello di conquistare il mondo, non tanto quello di renderlo migliore.
Rispetto alla sua versione classica – Risiko – nell’edizione “Più” lo scenario di gioco non è globale, ma riguarda soltanto l’Europa alla vigilia della seconda guerra mondiale. Il nostro continente è suddiviso in sei imperi (britannico, francese, germanico, austroungarico, ottomano e russo), mentre l’Italia è considerata “Stato indipendente” al pari delle penisole scandinava e iberica. L’Europa unita, in quanto tale, non esiste. L’unica possibilità di dialogo tra potenze è costituita dalla carta “Diplomatico” che consente di stabilire una tregua di guerra con un giocatore a scelta, in base alla tattica del momento.
Il paragone è dunque immediatamente saltato all’occhio: che strategia sta mettendo in atto l’Europa in questo momento storico? Come si posiziona rispetto allo scontro di potenze per le quali sta svolgendo il ruolo di campo di battaglia? La vocazione di organizzazione sovranazionale dedita alla pace fra i popoli pare, al momento, del tutto messa da parte. “Siamo contrari alla guerra ma le armi vanno inviate”, questo è il motto collettivo condiviso dai media. L’Unione Europea sta dunque abdicando ad ogni tentativo di dialogo fra i contendenti? I benpensanti diranno che l’Europa non ha mai avuto un vero ruolo politico nel mondo, non avendo dunque alcuna voce in capitolo, mentre gli esperti di controinformazione penseranno che sta solo eseguendo gli ordini impartiti dalla Casa Bianca.
Tuttavia, su quel tabellone di gioco in cui stiamo vivendo nel 2022, sembra che solo i “veri” giocatori stiano lottando per i propri obiettivi strategici. L’Ucraina, intrappolata tra aspirazioni euro-atlantiche e interessi di sicurezza del Cremlino, desidera strenuamente far parte dell’Occidente, mentre la Russia vuole fermarla per supposte ragioni imperialistiche o per salvaguardare il territorio dalla pressante incombenza della Nato.
L’Unione Europea, invece, sta giocando le proprie mosse senza una visione chiara del proprio obiettivo a lungo termine.
Occidente, Stati Uniti ed Europa non sono, o non dovrebbero essere, la stessa cosa. Appoggiando senza se e senza ma la causa ucraina, l’UE ha innescato per la prima volta nella sua storia un’involuzione valoriale evidente, perché basa il proprio intervento sulla fornitura di armi a un paese terzo in nome della libertà e del principio di autodeterminazione dei popoli, ma tradendo di fatto uno dei pilastri della propria identità. Ad oggi potremmo definire l’Europa di Bruxelles come “pacefondaia”, secondo un neologismo in voga in questi giorni. Oltretutto, la violenta azione sanzionatoria di tutto l’Occidente nei confronti della Russia sembra già avere le prime ricadute negative sulle economie degli Stati europei, con un impatto non del tutto prevedibile che potrebbe portare, per alcuni come l’Italia, a uno pseudo-suicidio economico.
Credo che l’Europa, se intende continuare in futuro ad avere uno spazio nel consesso internazionale, per poter ancora “tirare i dadi” sul piano di gioco dovrebbe sganciarsi dalla morsa dell’occidente globalizzato, anche a forza di scontri diplomatici e decisioni impopolari. Ma forse non ne ha l’intenzione, perché chi regge il gioco geopolitico ne ha già stabilito l’agenda a distanza per i prossimi decenni. Per quanto riguarda l’Italia poi, l’aver annientato in poche settimane un rapporto di vicinanza commerciale e culturale con la Russia rischia di far perderle moltissimi punti sul terreno di gioco degli interessi economici, che di questi tempi di penuria non volgono affatto a suo favore.
In generale, nell’analisi di qualunque strategia le domande cruciali da porsi sono: cosa vuole un soggetto, perché lo vuole e chi gli impedisce di ottenerlo. Le risposte si trovano nella storia e negli antefatti della contemporaneità, non di certo in un gioco da tavolo. La guerra è sicuramente il maggiore fallimento dell’umanità, ma ripetere gli errori della storia senza imparare nulla è forse una colpa ancora più grave. E a tutti noi che abbiamo imparato a “giocare alla guerra” seduti comodamente sulla terrazza di una casa al mare, spetta il compito di decidere a che gioco giocare insieme alle collettività a cui apparteniamo.