Non cambierà molto

Morto un Papa, si diceva un tempo, se ne fa un altro. Oggi questo detto forse ha perso parte del suo valore letterale, visto che viviamo in un secolo aperto o quasi dalle dimissioni di un Papa, ma il suo significato letterario è ancora pienamente valido. Indica infatti la consapevolezza di una costante rotazione a cui è sottoposto la storia, a un costante mutamento che, alla lunga, forse la rende immutabile. Finisce una fase, in poche parole, e ne inizia un’altra. E sempre così andrà.

In queste ore si sta facendo un gran parlare della presunta “nuova era” aperta da Donald Trump, appena rientrato alla Casa Bianca. Un’enfasi proposta dal diretto interessato, il quale ha più volte richiamato all’inizio di una nuova età dell’oro negli Usa, ma anche dai suoi avversari. La differenza di linguaggio e di programma tra Trump e il predecessore Biden è tale da far immaginare una fase diametralmente opposta in quel di Washington. E su tutti i fronti: economia, dazi, guerra in Ucraina, guerra a Gaza, ideologia gender e via discorrendo.

Ma è qui che occorre riprendere il detto di un tempo: finito un presidente, ne arriverà poi un altro. Lunedì 20 gennaio è semplicemente iniziato un nuovo mandato, per la 47esima volta un nuovo presidente Usa ha giurato sulla costituzione. Fra quattro anni, toccherà a un altro presidente e via discorrendo. Impossibile oggi parlare di “apertura dell’era Trump”, visto che tale era in realtà si è aperta già 8 anni fa con la sua prima elezione e al massimo si sta andando verso la sua chiusura, così come è impossibile comprendere cosa accadrà fra quattro anni e come il mondo e gli Usa arriveranno al prossimo appuntamento elettorale. Si sa solo, per l’appunto, che fra quattro anni, finito un mandato, ne inizierà un altro.