Più o meno tutti sono d’accordo su un punto: se n’è andato un pezzo di storia del nostro Paese. Nel bene o nel male. Il discorso non è soltanto di natura politica. Silvio Berlusconi ha monopolizzato l’attenzione per più di 30 anni. Prima come imprenditore, poi come editore e, via via, soltanto alla fine come politico.
Sia che si parli di spettacolo, di Tv, di calcio, il suo nome è sempre balzato agli onori della cronaca. Un nome però che più di una volta ha diviso. E come sempre accade in Italia, quando una figura divide è quasi impossibile sfuggire dall’isterismo e da meri giudizi di parte. C’è chi lo ha osannato, senza sé e senza ma. C’è chi semplicemente ha provato a salire sul suo carro. E c’è chi lo ha condannato e lo ha visto come protagonista in negativo della storia culturale e politica.
Forse avevano ragione tutte le parti, forse no. Fatto sta che adesso, terminato il percorso umano e arrivata l’ultima chiamata inevitabile, adesso è il caso di lasciare parlare la storia. Silvio Berlusconi, contemporaneo protagonista per tutte le ultime generazioni, adesso è un personaggio del passato. La storia, per pronunciarsi realmente, ha bisogno del suo tempo. E di non essere preda degli isterismi, in un senso o nell’altro.
L’Italia post berlusconiana ha tutto il diritto di scrivere la storia con calma e con un certo distacco emotivo. Solo così si potrà fare luce sugli ultimi turbolenti decenni della penisola.