Non c’è né da offendersi e né da esaltarsi. La lettera scritta da Elin Mattsson, la pittrice finlandese stabilitasi con marito e figli a Siracusa e poi scappata dalla Sicilia per via (anche) di un sistema scolastico definito arretrato, è uno sfogo di una persona che si è trovata male in un posto che l’ha ospitata. Non serviva questo sfogo per sapere che le scuole pubbliche sull’isola non versano in condizioni ottimali. E non serviva certo questa lettera per scoprire come, a fronte delle bellezze paesaggistiche, la Sicilia spesso non si presenta al mondo e ai suoi cittadini come funzionale.
Più che altro la lettera della pittrice finlandese ha posto in essere un’altra questione. Ed è quella del fallimento della sua ideologia e della sua idea di mondo. Un’idea sempre più radicata in tutta Europa, secondo cui si può scegliere di vivere ovunque ci sia mezzo motivo per farlo. Sia che si tratti di un’ispirazione, come nel caso della famiglia scesa dalla Finlandia, oppure di un servizio. Un modus vivendi peraltro molto propagandato anche sui media dopo il Covid, con il boom del lavoro da remoto.
Lo sfogo di Elin Mattson ha mostrato il fallimento di questa idea. Lei, a giudicare da quanto ha scritto, non ha lasciato la Finlandia per problemi di natura lavorativa o ambientale. Ha parlato molto bene del servizio scolastico del suo Paese, considerato tra i migliori al mondo, e ha quasi espresso un rimpianto per la vita vissuta in terre scandinave.
Se ha scelto di scendere in Sicilia è quindi per due motivi. In primo luogo perché ricca e si è potuta permettere spostamenti, nuovi affitti e quant’altro, considerando inoltre il lavoro da remoto di suo marito e quello suo da artista. In secondo luogo, per l’appunto, perché fedele all’idea secondo cui basta tracciare un puntino su una cartina per trovare il posto dei sogni.
La sua esperienza a Siracusa ha mostrato che così non è. L’ideologia “girovaga” può sembrare la più aperta e inclusiva di tutte, ma in realtà è quella che viene mossa maggiormente dai propri personali paraocchi. Se davvero Elin Mattson ha pensato che tra la Finlandia e la Sicilia non ci fossero differenze nella concezione della scuola e della formazione, vuol dire che la pittrice concepisce una sola idea di mondo. Che non è né quella finlandese, né quella siciliana. Bensì quella sua, maturata dalla convinzione che l’intero pianeta si muova sulla stella linea e sullo stesso piano, senza altre variabili. Senza quindi la variabile dettata dalle peculiarità di ciascun popolo e di ciascun territorio.
Il mondo della pittrice è quello esclusivo di chi può permettersi di girare, di valutare e poi di giudicare. Un mondo senza alcuna radice su cui far crescere e maturare propri affetti e proprie sensazioni. Se anche Elin Mattson si fosse trovata bene a Siracusa, nel giro di due anni al massimo avrebbe levato le tende. In nome dell’idea secondo cui viaggiare è sinonimo di vivere e tutto il mondo è paese. E pazienza se magari famiglia e affetti avevano già iniziato ad ambientarsi e a costruirsi una vita.
La chiosa finale della lettera della pittrice è emblematica: “Ciao Italia, Hola Espana”. A parte che una frase del genere poco si addice a un’artista dotata (come tale) di una certa profondità. Sembra più che altro il post su Instagram di uno studente di 20 anni pronto a fare l’erasmus a Barcellona. Ma è anche l’emblema di come l’eterno peregrinare faccia poi considerare il mondo una mera cartina con mere espressioni geografiche e nulla più.
Per carità, ognuno è libero di compiere le proprie scelte e di infondere all’interno della propria famiglia le proprie idee. Buon viaggio, verrebbe da dire alla pittrice finlandese. Impossibile però non notare per l’appunto il fallimento della sua idea. Stare in Finlandia o stare in Sicilia non è la stessa cosa. E non solo per la differenza dei servizi, ma anche per le specifiche peculiarità di due terre diverse. Se un siciliano si trasferisse a Helsinki troverebbe ogni tipo di servizio e avrebbe rammarico per non vedere una certa organizzazione nella sua isola. Ma, al tempo stesso, potrebbe anche decidere di ritornare perché la vita lassù è diversa e i modi di concepire il mondo sono altrettanto diversi.
Si tratta dello stesso principio per cui un romano, consapevole del degrado vissuto negli ultimi anni dalla sua città, non riesce comunque ad adattarsi al meglio in un’altra città o in un’altra capitale europea. E, paradossalmente, è lo stesso motivo per cui invece ci sono stranieri che scelgono l’Italia e la stessa Sicilia: per alcuni, il trovarsi bene con la vita nostrana vale più dei servizi e si tende a mettere radici in posti “insospettabili”. Ma solo, appunto, dopo anni di frequentazione dei luoghi e dopo aver compreso e accettato le differenti peculiarità. In poche parole, un conto è il confronto e uno invece è il considerare di cambiare città al pari di come poter cambiare un’auto.
Nota a margine: non rientro nella categoria dei siciliani “offesi” dalla lettera. Non c’è nulla di offensivo in quanto scritto dalla pittrice finlandese e inoltre personalmente ritengo il vittimismo uno dei mali peggiori dell’isola. Per cui non ci sono scudi da levare in difesa di una Sicilia indifendibile. Forse, in futuro, sarebbe il caso di attirare dalle nostre parti più insegnanti finlandesi e meno sedicenti pittrici giramondo.