L’8 marzo di ogni anno ricorre la “Giornata internazionale della donna”, più comunemente nota come “Festa delle donne”.
La ricorrenza fu istituita per la prima volta nel 1909 negli Stati Uniti, fu poi celebrata a partire dal 1911 in alcuni paesi europei e dal 1922 anche in Italia.
Lo scopo di tale giornata commemorativa è noto a tutti: ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze di cui sono ancora oggetto in molte parti del mondo.
La festa prende il nome dal “Woman’s Day”, tenutosi negli Stati Uniti il 3 maggio 1908, giorno in cui Corinne Brown si trovò a presiedere, causa l’assenza dell’oratore ufficiale designato, la conferenza tenuta ogni domenica dal Partito socialista di Chicago nel Garrick Theater, a cui tutte le donne erano invitate e dove si discusse dello sfruttamento delle operaie attuato dai datori di lavoro, delle discriminazioni sessuali e del diritto di voto alle donne.
La mimosa, invece, fu scelta come fiore simbolo di questa festa perché fiorisce proprio nei primi giorni di marzo e cominciò ad essere regalata alle donne a partire dal 1946, secondo la comune idea di tre politiche antifasciste italiane: Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei.
La “Festa della donna” ha quindi avuto una funzione importante negli anni, ricordando il cammino seguito dall’emancipazione femminile.
Ma con il tempo questo onorevole compito ha perso il suo valore; ciò perché ricordare un evento deve servire a bloccare quello che di negativo gravita intorno ad esso. Ma nel nostro caso qualcosa non ha funzionato.
Sì, perché in questi ultimi 100 anni cambiamenti epocali nella condizione femminile non ce ne sono stati; a parte la minigonna, una fin troppo discutibile libertà sessuale diventata talvolta meschina merce di scambio per qualche donna poco propensa ad impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi, e la brillante carriera professionale di poche fortunate; per il resto, la violenza, i soprusi, una dilagante differenza tra i generi, lo stalking, lo sfruttamento sessuale e lavorativo, il femminicidio, gli stupri di guerra, le mutilazioni genitali, gli sfregi con l’acido e tutta una serie di fenomeni negativi ci ricordano che maschi e femmine non sono ancora considerati uguali, purtroppo.
Eppure il ruolo femminile nella società non ha mai smesso di essere fondamentale. Da sempre le donne, con il loro impegno a casa e sul lavoro, con la loro amabile cura verso marito e figli, con le loro brillanti idee professionali, hanno contribuito al progredire della società.
È scientificamente provato che una donna, se è attenta e intraprendente, può riuscire a fare molte più cose di un uomo a parità di tempo, ciò perché gestisce meglio le sue energie. Non a caso sono sempre di più le figure femminili che emergono nel mondo della finanza, della politica e della cultura.
Tuttavia sono ancora moltissime quelle sfruttate, violate e deturpate nel corpo e nella mente, soprattutto nei paesi più poveri. Laddove, infatti, regna l’analfabetismo diventa più difficile far prendere consapevolezza alle ragazze della necessità di ricercare in ogni modo la libertà; far comprendere che non sono proprietà dei loro padri o mariti, che non sono bestie da soma né merce di scambio.
Alla luce di questi tragici fatti viene da chiedersi se abbia ancora valore la “Festa delle donne”.
Sì, se viene impiegata per riflettere e per organizzare eventi collaterali che servano a fare il punto della situazione sull’attuale condizione femminile. No, se scade in una banale cena tra amiche o in una serata in discoteca.
Spesso si dice che la donna andrebbe “festeggiata” ogni giorno; invece è preferibile affermare che la donna andrebbe “rispettata” sempre, ma non perché essere fragile rispetto all’uomo ma in quanto essere umano che, se messa in condizione di farlo, può dare sempre di più alla società con il suo impegno e la sua dedizione.
Ma, d’altro canto, va ricordato a tutte che la società può offrire loro moltissimo se sapranno duramente impegnarsi per costruire il proprio futuro senza ricorrere a mezzi poco ortodossi e ricordando sempre che il loro corpo non è un mezzo di scambio o un volano verso il benessere economico.
D’altronde tutto ciò che si ottiene scendendo a compromessi è destinato a finire. Il mondo, ragazze, è di chi utilizza l’intelligenza. Il resto è solo squallido ricatto da cui non c’è riscatto!