Sui casi di Tonali e Fagioli, i due giocatori che hanno ammesso di aver scommesso e che così facendo hanno riaperto vecchie ferite del calcio italiano, sono piovuti fiumi di inchiostro. I loro casi appaiono, almeno per il momento, isolati o comunque non in grado di coinvolgere le società come accaduto in anni passati.
Senza soffermarsi troppo sulla storia personale dei due calciatori, a essere messo in risalto da questa vicenda è un altro elemento. Spesso, a proposito del malandato calcio italiano, si orienta la colpa verso allenatori o dirigenti che non fanno giocare italiani. Da tempo c’è chi, all’interno del giornalismo sportivo, inizia a chiedersi se dietro questa presunta responsabilità in realtà non ci sia in realtà altro. Allenatori e dirigenti in teoria dovrebbero essere i primi a voler vincere le partite, se non fanno giocare gli italiani evidentemente un motivo ci sarà.
Tonali e Zaniolo per le scommesse, Balotelli e Zaniolo per il temperamento, altri per la poca costanza: non sembra mancare in talento, ma una vera e propria educazione agonistica. I giocatori nostrani sembrano non aver fame di vittoria e di sfide sportive, come invece molti altri colleghi da varie parti del mondo. Soldi e fama potrebbero avere, verso i talenti locali, l’effetto di uno tsunami capace di travolgere tutto: vita, voglia di vincere, motivazioni.
Se il calcio (e lo sport in generale) costituisce metafora di vita, allora quanto accade nel mondo del pallone potrebbe essere sovrapposto a quanto accade nel resto del Paese. L’Italia, nonostante tutti i suoi drammi e le sue contraddizioni, è ancora un Paese che nei vari campi riesce ad esprimere molti talenti. Dalla scienza alla medicina, passando immancabilmente per l’arte. Ma è anche un Paese appiattito, quasi pigro, non idoneo a far emergere i talenti e soprattutto a indicare loro la giusta strada. In poche parole, in Italia si avverte in modo pesante la mancanza di veri educatori.
Manca chi educa, spesso in famiglia e a volte a scuola, manca quindi chi insegna a navigare nel mare di una vita che non sempre può essere calmo e senza tempesta. Lungo lo stivale, ci si è forse dimenticati in che modo ci si guadagna da vivere e in che modo l’adagiarsi sugli allori potrebbe pregiudicare il futuro. Individuale quanto collettivo. Senza educatori, l’Italia potrebbe fare sempre più quelle magre figure fatte dalla sua nazionale di calcio negli ultimi anni.