Una repubblica diventata regno
Napolitano era l’ultimo ancora in vita che poteva raccontare la vita da presidente al Quirinale, tolto ovviamente l’attuale inquilino Sergio Mattarella. E il punto è proprio questo. Credo, andando a memoria, che mai nella storia repubblicana si è vissuta una fase di totale assenza di presidenti emeriti. Considerando che fino allo scorso anno la Chiesa Cattolica ha vissuto con un Papa emerito dentro il Vaticano, la circostanza è abbastanza insolita.
Quasi un paradosso: al Quirinale c’è un solo capo di Stato, dall’altra parte del Tevere l’idea di avere due pontefici non è oramai un tabù. Ma il paradosso la dice lunga sullo stato di salute della nostra Repubblica. Nell’ultimo decennio si è fatta molta fatica a trovare la quadra attorno a una nuova figura capace di salire al Colle.
Lo stesso Napolitano nel 2013 è stato rieletto per impossibilità, da parte del parlamento di trovare intese di lungo respiro. E così l’ex esponente del Pci è stato il primo a guadagnarsi la rielezione, elemento quest’ultimo non certo proibito dalla Costituzione ma al tempo stesso implicitamente sconsigliato dai padri costituenti. Del resto, fissare un settennato voleva dire creare i presupposti per non avere capi di Stato in carica per ben 14 anni.
Con Mattarella di recente è avvenuta la stessa cosa: parlamento bloccato e in stallo e via libera a un secondo mandato. L’Italia ha così avuto dei veri e propri regni, dei capi di Stato con mandati molto più estesi. Dunque, tirando le somme, non è così strano poi ritrovarsi senza presidenti emeriti al pari di come risulta strano in molti regni ritrovarsi senza Re emeriti.
Al momento Mattarella sembra voler proseguire nel suo secondo settennato, non ci sono particolari voci in grado di indirizzare verso le dimissioni. Quirinale e parlamento sono ben a conoscenza del fatto che, ad oggi, nessuno saprebbe trovare accordi su nuovi nomi e su papabili successori. Se una repubblica si trasforma in un mini regno, qualcosa evidentemente non quadra.