Di nuovo tutti gli occhi su Lampedusa, ancora telecamere rivolte non tanto verso l’isola quanto verso il suo porto. E, ancora una volta, per quella che viene definita “emergenza immigrazione”. Che di emergenza ha poco o nulla. Quanto sta accadendo oggi non ha nulla di diverso rispetto a quanto accaduto negli anni passati.
Arriva l’estate, arrivano le condizioni climatiche più favorevoli alle partenze dei barconi e, contestualmente, arrivano gli sbarchi. Certo, oggi i numeri sono impietosi e di gran lunga più importanti di prima. Si stanno abbattendo, da questo punto di vista, record su record. A fine anno, se l’attuale trend dovesse continuare, si rischia di sforare quota 150mila nella cifra che rendiconta i migranti sbarcati.
Ma il fenomeno non lo si può certo sintetizzare sciorinando freddi numeri, visto che di mezzo ci sono in primo luogo vite umane sfruttate e schiavizzate da trafficanti senza scrupoli. Perché in fin dei conti il vero nocciolo della questione è proprio questo: ogni anno in estate si puntano i riflettori su Lampedusa, si rendicontano drammi a favor di telecamera, i partiti iniziano a litigare (a prescindere dal colore e da chi siede al governo), si riflette su questo o quel modello economico e sociale da applicare, per poi aspettare o che il mare torni in burrasca oppure che un altro argomento si guadagni la prima pagina. In attesa della successiva bella stagione.
Il tutto senza concentrarsi sul vero obiettivo da colpire per evitare lo strazio vissuto ogni anno, vale a dire l’immensa rete di trafficanti che lucra sulla disperazione di migliaia di persone. Si conoscono i loro nomi, spesso si conoscono i loro volti, ma raramente si interviene. Eppure potremmo farlo noi dalla nostra parte del Mediterraneo con attività di intelligence e con attività politiche persuasive nei confronti dei vicini costieri da cui si parte. Così come, ovviamente, potrebbero (e dovrebbero) farlo per l’appunto coloro che le reti di trafficanti le hanno all’interno dei propri territori.
Forse dalla nostra parte c’è mera superficialità, preferendo a volte accordi in denaro nella speranza che dall’altra parte del Mediterraneo si intervenga. E forse dall’altra parte non c’è proprio volontà di farlo. Fatto sta che, senza muovere un dito contro i trafficanti, ogni anno non potremo fare altro che accendere le telecamere su Lampedusa ad agosto e andare via a ottobre. Poi arriva l’inverno e si parlerà di altro.