Non è colpa del caso
Non è certamente normale vedere una città come Palermo assediata dagli incendi. Così come non è normale vedere al buio da giorni interi quartieri di Catania. Il caldo di questi giorni è stato molto più che intenso, ma è proprio nelle emergenze che tutti i nodi vengono al pettine. È proprio quando c’è qualcosa di straordinario che si vede cosa non va nell’ordinario.
Non dovrebbe accadere infatti che la quinta città italiana e la più popolosa dell’isola assista, nel giro di poche ore, alla chiusura dell’aeroporto per via delle fiamme arrivate a lambire la pista e alla necessità di evacuare interi isolati avvolti dal fumo e dalle fiamme. Le circostanze erano ben favorevoli al verificarsi di incendi, ma proprio perché prevedibile l’emergenza doveva essere prevenuta. Così non è stato. Per carità, i sistemi di soccorso hanno reagito come meglio non potevano e anche gli stessi cittadini hanno dimostrato maggior capacità di autocontrollo che in passato. E questo ha evitato peggiori conseguenze. Ma intanto l’ambiente è stato (per l’ennesima volta) deturpato e la città per 24 ore è caduta letteralmente in disgrazia. Con le fiamme che non hanno risparmiato nemmeno monumenti, come nel caso della Chiesa del cimitero di Santa Maria del Gesù.
Lungi dal voler fare polemiche mentre intere famiglie sono alle prese con la conta dei danni, tuttavia almeno una parte del disastro poteva essere evitata. Potevano esserci maggiori controlli, alla luce del vento previsto e della costante presenza di piromani già in altri anni in azione negli stessi luoghi. Poteva essere fatta una maggiore manutenzione nei mesi precedenti. Forse sembra banale dirlo e si potrà obiettare che da dietro uno schermo tutto è più semplice. E il discorso infatti va allargato al di là della mera emergenza delle scorse ore.
In Sicilia mancano fondi pure per gli ordinari atti di manutenzione. Le città sono invase da erbacce, immondizia e vegetazione spontanea. Difficile credere che la poca manutenzione vista negli ultimi anni per le strade possa risultare migliore e più funzionante nei boschi andati in fiamme.
Lo stesso discorso riguarda le infrastrutture. A Catania i blackout testimoniano come il sistema di erogazione dell’energia non ha retto all’ondata di calore. La città siciliana non è l’unica in Italia, casi del genere sono stati registrati in diverse città della penisola. Ma questo non può costituire una consolazione e anzi è un emblema dell’attuale situazione nel nostro Paese. Piccoli interventi ordinari o piccoli investimenti di potenziamento delle infrastrutture non vengono fatti, comuni ed enti locali non hanno la forza economica per metterli in piedi. E quando accade qualcosa di anomalo, poi ecco che l’emergenza diventa ingestibile.
Inutile quindi dar la colpa al fato oppure a circostanze solo parzialmente controllabili, come i cambiamenti climatici. Che pure ci sono e appaiono ben evidenti. La cura degli alvei in Romagna poteva scongiurare molte alluvioni, la cura del verde e del patrimonio boschivo in Sicilia poteva evitare molti incendi, la manutenzione delle reti elettriche e idriche poteva evitare l’esasperazione dei catanesi.
C’è quindi un intero sistema che non funziona nell’ordinario e che mostra tutta la vulnerabilità, per l’appunto, nella straordinarietà degli eventi. Ed è forse questo il vero problema non solo della Sicilia ma anche dell’Italia intera, da Bolzano fino a Lampedusa.