di Brahim Ramli *
Il 31 maggio, il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov si recava in Arabia Saudita per incontrare gli omologhi dei paesi membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG). Nella capitale saudita, infatti, si stava svolgendo la 5° riunione ministeriale congiunta tra i Paesi del CCG e la Russia per il dialogo strategico, alla quale erano presenti tutti i 6 rappresentanti dei paesi del Golfo: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Oman, Qatar, Kuwait e Bahrein. Al termine della riunione, il Consiglio dei Ministri del Golfo decideva all’unanimità di non imporre sanzioni alla Russia – qualcosa su cui riflettere.
Gli Stati Uniti, sino ad oggi, non si sono rivelati in grado di dissuadere i membri del CCG dal riaffermare la loro posizione di neutralità riguardo alla guerra in Ucraina. Al contrario, il conflitto tra Russia e Ucraina sta (dimostrando) quanto sia rilevante (e crescente) la determinazione dei paesi del Golfo, che ambiscono a smarcarsi dalle linee guida americane a favore di agende di politica estera sempre più autonome.
Quell’irrefrenabile voglia di autonomia nel Golfo
I paesi arabi del Golfo stanno continuando il gioco di delicato eliquibrismo con gli Stati Uniti, ma qualcosa sta cambiando. Sebbene Washington continui a rivestire un ruolo cruciale nella sicurezza regionale, la sensazione di essere stati traditi e/o delusi in una serie di dossier, da quello libico a quello afgano, ha spinto i paesi dell’area a mettere in discussione la sedimentata alleanza, il cui futuro è oggi più che mai incerto. Se una certezza esiste, è che l’asse Washington-CCG è destinato a sfiorire negli anni a venire, essendo le potenze-guida della regione animate da una voglia di autonomia che ha origini remote e non potrà che ridurre la loro dipendenza dall’alfiere dell’Occidente.
Tornando alla riunione Russia-CCG, nel comunicato finale veniva citato l’incontro avuto coi ministri degli esteri russo e ucraino e si ribadiva la posizione unitaria dell’organizzazione internazionale riguardo la crisi russo-ucraina e le sue conseguenze negative, in particolare la sicurezza alimentare di una parte del mondo. Nulla sulle sanzioni energetiche chieste a gran voce dal duo UE-USA, invece, anche perché l’aumento dei prezzi petroliferi sta fruttando delle ingenti entrate ai produttori della regione, che proprio grazie al surplus straordinario di questi mesi non hanno risentito del concomitante incremento dei prezzi dei prodotti cerealicoli.
Il Golfo secondo la Russia
Secondo quanto dichiarato da Lavrov, la missione nel Golfo era stata dettata dall’esigenza di trovare un accordo di coordinamento sulle politiche energetiche. La riunione, proprio su questo fronte, ha prodotto un risultato immediato: l’aumento parziale della produzione di greggio, annunciato attraverso l’OPEC il 2 giugno, per soddisfare la domanda a livello globale.
Coordinamento energetico a parte, Mosca si sta assicurando che i membri del CCG non adottino sanzioni nei suoi confronti. La controfferta, in cambio della loro non-adesione alla “guerra economica totale” lanciata dall’Occidente, potrebbe assumere la forma di maggiori pressioni russe sulle politiche regionali di Tehran, la principale minacca alla sicurezza regionale secondo il CCG.
Il futuro delle relazioni Russia-CCG
I Paesi del Golfo stanno agendo su due fronti nel rispetto di una logica: non scontentare nessuno. Soddisfare al meglio la necessità dell’Occidente di maggiori forniture di idrocarburi – senza cedere alle pressioni da questo esercitato su di loro in materia di sanzioni. Collaborare con la Russia con lo sguardo al domani – non all’oggi.
Le politiche adottate dai membri del CCG dall’inizio della guerra in Ucraina ad oggi sono indicative della marcata proiezione strategica della regione verso un mondo multipolare. Una visione condivisa anche da altri paesi dell’arabosfera e che spiega perché gli attori stesi tra area MENA e Golfo abbiano intensificato notevolmente le relazioni con Russia e Cina nell’ultimo decennio; l’obiettivo è di non farsi trovare impreparati all’avviamento della transizione del sistema internazionale dall’unipolarità e alla multipolarità.
*Brahim Ramli è analista geopolitico formatosi tra Torino, Parigi, Ginevra e Beirut, è specializzato in geopolitica, guerre ibride, risoluzione dei conflitti e sicurezza internazionale. Si occupa principalmente di relazioni internazionali nello spazio MENA (Medio Oriente e Nord Africa). Per ragioni di studio, ricerca e lavoro ha vissuto tra Europa, Vicino Oriente e Africa settentrionale. Ha lavorato per la Nato.