La Libia è un dossier fondamentale per l’Italia: immigrazione, energia e posizionamento strategico del Paese nordafricano sono i temi più importanti che legano Roma a Tripoli. Nei giorni scorsi un nuovo pericolo si è affacciato nello scacchiere libico: lo spettro di due governi “paralleli” che rivendicano lo stesso potere. Abdul Hamid Ddedeiba, premier uscente, ha annunciato di non voler cedere lo scettro a Fathi Bashaga, nominato dal parlamento di Tobruck.
Il primo doveva traghettare la Libia a un voto, quello del 24 dicembre 2021, che poi non c’è stato. E allora la Camera dei Rappresentanti ha provveduto a sostituirlo con lo stesso Bashaga protagonista come ministro dell’Interno dal 2018 al 2021. Cosa accadrà adesso?
Ne abbiamo parlato con la docente e analista Michela Mercuri.
- Che novità emergono dalla Libia?
Di recente, oltre alla nomina di un nuovo premier, è stato registrato un attentato contro la vita dell’uscente Ddedeiba. Si tratta di un attentato destinato ovviamente a rimescolare le carte in tavola o comunque a rendere evidente, ancora una volta, come la situazione sia incandescente. Le elezioni, anche se non si sono tenute, hanno creato vistose spaccature. Da un lato c’è lo stesso Ddedeiba che non intende indietreggiare, dall’altro c’è il parlamento di Tobruck guidato da Aguila Sahel che intende invece proporre Bashaga come nuovo premier. Il rischio di avere due governi e due centri di potere è realistico. Una Libia divisa in due in attesa poi del “vero” voto, che dovrebbe tenersi a questo punto fra 14 o 15 mesi, potrebbe polarizzare le posizioni e creare un’ulteriore spaccatura specialmente tra est e ovest del Paese. Risulta necessario quindi avere il coraggio di trovare un compromesso prima delle elezioni ed è altrettanto necessario approvare una legge elettorale capace di blindare il più possibile il futuro risultato delle consultazioni.
- Il premier Ddedeiba potrebbe restare in sella?
Dipenderà da molti fattori. Lui ha fatto sapere di non voler mollare e di ritenere illegittimo il voto del parlamento. Se avrà appoggio interno ed esterno potrebbe far valere le sue posizioni. Diversamente rischia di essere messo alla porta. L’attentato di cui è stato vittima potrebbe provenire da Misurata, la sua città. Qui le spaccature sono ben evidenti da quando il voto è saltato e questo crea un ulteriore elemento di criticità.
- Le elezioni alla fine si faranno?
In un contesto in cui continuano a spadroneggiare le milizie che sono assolutamente contrarie a delegare il potere a qualunque autorità elettorale e in cui vi è la presenza di attori stranieri, mi riferisco in particolar modo alla Russia e alla Turchia, e in cui poi ancora non è stata fatta una legge elettorale, è davvero un difficile esercizio dire se si faranno o meno le consultazioni. Se dovessero perdurare queste condizioni, tutto potrebbe saltare. Con tutti i rischi che ne derivano poi per la Libia che vive oramai da più di dieci anni in una situazione di anarchia e le elezioni del 2014, ricordiamolo, sono state poi la causa degli scontri che sono avvenuti poi nei mesi successivi. Questo ci dà la prova che ogni volta che si cerca di fare elezioni in Libia, le varie forze sul campo cercano di mantenere le posizioni di potere acuendo le tensioni interne.
- L’Italia, distratta dalle recenti elezioni per il Quirinale, come sta agendo in questo momento?
L’Italia non sta agendo in alcuni modo e passivamente sta osservando il declino del Paese. Un declino prevedibile, visto che le elezioni del 24 dicembre non solo non si sono tenute, ma hanno anche creato ulteriori spaccature. Così come non sta facendo nulla l’Unione Europea, totalmente assente in questo momento dal dossier libico. L’unico barlume di vitalità, se così possiamo definirlo, è stato quello del vertice di Berlino che prevedeva appunto elezioni per il 24 dicembre. Mi auguro si possa riprendere la situazione in mano per cercare di convergere di nuovo su una linea unitaria, in grado di portare al voto la Libia. Anche se è molto difficile: dare alla Libia una legge elettorale, quando nemmeno l’Italia riesce a farlo per sé stesso, beh è sicuramente un compito abbastanza arduo.